Cancellare i propri dati da Google o altri motori di ricerca: è possibile? In anni in cui la sovraesposizione dei dati sul web è diventato un fenomeno globale, si sente il bisogno di ‘mettere un pò di ordine’ proprio per regolamentare il flusso delle informazioni che circolano in rete, in special modo quando coinvolgono i dati personali dei singoli cittadini. La privacy sul web infatti, non riguarda solamente informazioni attinenti la propria vita privata, ma fa riferimento anche a tutte le informazioni relative ad una persona, pure se non coperte da riserbo. Sono classificati come dati personali ad esempio dati come: il nome di una persona, il domicilio, il numero di telefono, etc. Insomma, quei dati in grado di identificare inequivocabilmente il cittadino e che quindi a ragione si desidera rimuovere da internet.
E proprio tale richiesta di rimozione di risultati di ricerca, ai sensi della legislazione europea, è diventata negli ultimi mesi un tema centrale in quanto, grazie al nuovo Regolamento europeo GDPR 2018, darà la possibilità all’utente interessato di poter esercitare il proprio diritto all’oblio e quindi di poter richiedere di rimuovere da Internet i propri dati personali. Ma qual è la procedura da seguire per eliminare i dati lesivi della propria privacy sul web? “Se si desidera che il proprio nome non compaia più all’interno dei motori di ricerca come Google – spiegano gli avvocati della Cyber Lex – si può inoltrare una ‘richiesta di rimozione’ al titolare del trattamento dei dati, che permette di rimuovere dal web tutte quelle notizie di cronaca a te associate e che ritieni possano essere lesive della tua immagine, reputazione, onore.
Esiste infatti un modulo denominato ‘Diritto all’Oblio Google’, che permette di presentare la suddetta richiesta di rimozione”. E poi cosa accade? “I titolari del trattamento dati – continuano gli avvocati ed esperti della Cyber Lex – sono obbligati a verificare la disponibilità della cancellazione, perché se il GDPR non dovesse essere rispettato, a fronte di regolare e giustificata richiesta da parte della parte lesa, sono previste sanzioni amministrative fino a 100 milioni di euro o fino al 4% del fatturato mondiale annuo a carico proprio del titolare del trattamento”.